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LA POESIA DEL ’900: dalla fuga alla ricerca della realt.

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‘La poesia del Novecento:dalla fuga alla ricerca della realtà’- Giuliano Ladolfi 2015

L’evento del mese di febbraio 2015 è rappresentato dalla pubblicazione nella nota collana ‘Smeraldo’ dedicata a ‘La poesia del Novecento: dalla fuga alla ricerca della realtà’ per la Giuliano Ladolfi Editore, una realtà imprenditoriale questa al servizio della poesia, non solo italiana, che guarda alla tutela del patrimonio socio-culturale con particolare attenzione, principalmente – come egli stesso afferma – “..di fronte all’attuale emarginazione della poesia contemporanea dal mondo della scuola, delle università, della distribuzione e del circuito massmediatico, nel tentativo di restituire dignità a quest’arte che per quattro millenni è stata strumento di civiltà e cibo di umanità”.
L’opera di Giuliano Ladolfi si presenta come il primo tentativo, dopo più di vent’anni di studio, di raggruppare in un’opera organica i numerosi ‘saggi’ pubblicati sulla rivista «Atelier – pubblicazione trimestrale di letteratura, poesia e critica» e dedicati alla Poesia Italiana dal Novecento ai nostri giorni, suddivisa in 5 volumi ordinati per categorie nell’intento di conferire al lettore linee di comprensione di un fenomeno sfuggente a causa della difficoltà ad essere inquadrato in categorie. L’autore infatti, avverte la necessità che la sua interpretazione venga supportata da due elementi fondanti: “..una personale concezione estetica e una visione che dallo sviluppo della civiltà trovi linfa e motivazioni”.
Allo stesso modo in cui si contraddistingue tutta la sua produzione editoriale, letteraria e poetica, riconosciuta e apprezzata a livello nazionale e internazionale, che fin qui l’ha spinto, pur nella consapevolezza delle difficoltà e dei problemi che una simile operazione comporta, corroborato, però, “..da diciassette anni di lavoro svolto sui testi di poeti e scrittori contemporanei, da proposte di carattere etico ed estetico, come pure da una militanza in grado di attivare energie giovanili e di coinvolgerle in un progetto di rinnovamento della poesia, della narrativa e della critica italiana”.
La casa editrice, al volgere del secondo anno di vita, presenta la bellezza di circa 120 titoli ed ha ricevuto il plauso di testate giornalistiche come l’inserto domenicale del «Sole-24Ore», del «Giornale», di «Avvenire», della «Nazione», senza contare molteplici e ripetute attestazioni di stima giunte dalle testate locali di diverse parti d’Italia. L’invito a presentare i nostri libri, poi, ci ha visti protagonisti a Reggio Calabria, due volte al Salone del Libro di Torino, a Firenze, a Novi Ligure, a Roma, a Milano, a New York, per questo limitandoci solamente alle presentazioni ufficiali.
“Per noi non è importante il nome, ma il testo”, non è soltanto uno slogan ma è proprio basandoci sulla validità del testo che ci proponiamo di valorizzare chiunque sappia proporre opere di pregio per realizzare collane di poesia e di narrativa destinate a fondare un canone nella letteratura italiana, come pure una collana di critica destinata a rompere schemi e pregiudizi. Ma veniamo alla più recente pubblicazione annunciata e perché rappresenta di per sé un ‘evento’ da ufficializzare e divulgare. Acciò apprendiamo dalla scheda di presentazione le ragioni e gli scopi raggiunti dall’autore dell’intera opera così come egli l’ha concepita e organizzata:
“Nel primo tomo, dopo l’esplicitazione di strumenti e metodi, viene tracciato il quadro della scrittura in versi nell’arco di tempo preso in considerazione, che costituisce l’ossatura dei lavori seguenti: la crisi della cultura occidentale, giunta a consapevolezza nel decadentismo, provoca il divorzio tra parola e realtà. Lo studioso ne analizza le conseguenze sulla poesia e, dopo aver chiarito le proprie concezioni estetiche, traccia il quadro del lavoro che sarà svolto nei seguenti tomi, partendo dall’ipotesi che il decadentismo, interpretato in senso lato come momento storico-culturale e non solo come fenomeno artistico - letterario, continui nel novecento nella linea avanguardistico-sperimentale passando attraverso l’ermetismo. In parallelo è rintracciabile una linea che accorda ancora fiducia nella parola senza riuscire a ricucirne il baratro con il mondo. L’impresa è delegata ad alcuni “maestri” che scavano la strada agli autori contemporanei, i quali continuano il faticoso lavoro di annunciare l’uscita dalla crisi”.
“Il secondo tomo è dedicato agli autori compresi sotto la denominazione secondo decadentismo o ‘novecento’. Mentre il primo decadentismo permetteva la fuga dalla realtà in un rifugio alla ricerca di un ‘minimo di vivibilità’, il secondo si rassegna di fronte alla costatazione che la crisi della cultura occidentale sta distruggendo ogni possibilità di trovare un senso all’esistenza e di conseguenza di comprendere il reale, per cui all’artista non resta che rappresentare «..ciò che non siamo e ciò che non vogliamo» (E. Montale) o giocare con le parole, con le forme e con i colori. La sensazione di instabilità e di insicurezza, che troviamo nella maggior parte degli autori di questo periodo, trova la spiegazione nel pensiero filosofico dell’esistenzialismo, secondo cui l’individuo si sente gettato in un mondo che gli è estraneo, di cui non conosce le ragioni, i fini, i meccanismi e di fronte al quale egli soffre di essere alienato. Tutte le scelte da lui compiute si risolvono in uno scacco, in un insuccesso che comporta un senso di angoscia, di nausea e di disperazione. la parola non riesce più a ‘dire’ il mondo e fugge o nell’iperuranio, come avviene nell’ermetismo, o nell’autonomia del significante, come nelle avanguardie. Pur nell’irriducibilità del singolo poeta ad ogni generalizzazione, il quadro che va da Govoni a Zanzotto si presenta chiaro e coerente”.
“ I poeti, che non accettano tale separazione e che tentano di colmarne il baratro, rientrano, pur nella diversità di percorsi, sotto la denominazione di ‘antinovecento’ formano il contenuto del ‘tomo III’. Di fronte al divorzio tra parola e realtà, causato dalla crisi della cultura occidentale e giunto a consapevolezza nel decadentismo, si pone la linea denominata ‘antinovecento’, categoria all’interno della quale sono compresi poetiche e scrittori assai diversi che hanno cercato di superarne il distacco oppure di ripristinare, sia pure in maniera personale, la fiducia in una parola capace di ‘dire’ il mondo. Giuliano Ladolfi non teme, come nel caso di Saba e di Pavese, di scardinare ‘luoghi comuni’ che passati di manuale in manuale hanno condizionato l’intera critica letteraria. Secondo un’originale prospettiva vengono ‘rilette’ le opere di Rebora, Betocchi, Caproni, Scotellaro, Pasolini, Fortini, Penna e Bertolucci, cui si affiancano i poeti delle cosiddette ‘linea lombarda’ e ‘linea romana’. L’opera di saldare la parola con la realtà, tuttavia, non giunge a compimento perché ci si limita a lavorare sullo stile, ignorando che la crisi riguarda le basi della civiltà occidentale”.
“Il quarto tomo è dedicato a quattro ‘maestri’ i quali hanno rappresentato in profondità la crisi della cultura occidentale e ne hanno indicato gli esiti; coloro che hanno saputo traghettare la poesia italiana oltre il ‘novecento’ mediante una duplice opera di fondamento e di profezia. La condizione dell’uomo del XXsecolo trova in Vittorio Sereni la sua più evidente rappresentazione come ‘prigioniero’ del sistema politico, economico e culturale; Bartolo Cattafi, poeta a torto trascurato, dopo essere disceso nel punto più basso della civiltà occidentale, ne annuncia la rinascita. Non si può ignorare la produzione poetica di Pier Luigi Bacchini, al suo presagire della formazione di un nuova sintesi speculativa in grado di prospettare un’interpretazione del reale capace di superare le aporie dualistiche del pensiero greco e cristiano e di porre fine alla crisi della modernità. Ma chi ha compiuto il titanico gesto di saldare in profondità parola e realtà è stato Mario Luzi, il quale è riuscito in un’impresa, tentata invano da molti, quello di ‘restituire’ un senso all’esistenza, al mondo, alla storia, nel superamento del male e del dolore, la natura stessa, superando la frammentazione e la ‘liquidità’ (Z. Bauman) postmoderna”.
“Nell’ultimo tomo, quinto della serie, sono compresi gli autori della cosiddetta ‘postmodernità’ o ‘età globalizzata’ con tutti i problemi che ogni scelta comporta, ragione per cui Giuliano Ladolfi non ha inteso nel modo più assoluto tracciare un canone, ma esaminare un gruppo di autori, tra i quali molti giovani, come portatori di una particolare istanza all’interno del difficile tentativo della poesia italiana di riagganciare la parola alla realtà. Dopo aver esaminato il cammino di coloro la cui proposta si trova in fase di attuazione, lo studioso prende in considerazione i quali nel rifiuto della concezione autoreferenziale e ludica della poesia, nel rifiuto dello scetticismo, nella concezione della poesia come originale interpretazione del reale, nella consapevolezza della fine del ‘novecento’ e nel rapporto con i maestri della tradizione, stanno compiendo una vera e propria rivoluzione mediante una serie di raccolte di versi destinate a tramandare ai posteri il volto della nostra martoriata epoca. In esso infatti, sono inseriti gli studi su un gruppo di poeti che hanno pubblicato dagli anni ‘70 fino al 2014, i quali, nel superamento delle maniere avanguardiste e sperimentaliste, hanno cercato e stanno cercando nuovi approdi che inducono a sperare in una prossima fiorente stagione della poesia italiana”.



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